“Squadra che vince non si tocca” dicono, eppure in alcuni casi è meglio essere lungimiranti e cambiare la squadra finché si è in tempo; prima che l’operazione diventi troppo costosa.
Supponiamo di avere un sistema d’automazione che comprende un PLC che ormai ha una certa data, per esempio un S7-400, oppure un Texas 545, o ancora un Allen Bradley PLC 5. Questo controllore ha svolto egregiamente il lavoro che gli fu affidato parecchi decenni fa, ma purtroppo ci siamo accorti che questo hardware non è più supportato dal fornitore; inoltre per programmarlo è necessario tenere custodito in una specie di cassaforte quel vecchio PC, con il sistema operativo giusto, insieme ai cavi di collegamento seriali utilizzati per connettersi al PLC.
Qualche sito internet vende ancora dei ricambi per il nostro sistema, tuttavia i costi sono diventati proibitivi, e i tempi di consegna biblici; allora che facciamo?
Questa è la situazione in cui diversi responsabili della manutenzione di fabbrica si trovano oggi, dato che ancora tantissime sono le aziende che hanno linee automatizzate controllate da plc “obsoleti”.
Prima o poi, l’idea di cambiare PLC e ammodernare i quadri elettrici diventa una necessità, e gli addetti ai lavori cominciano a parlare di “revamping”, termine inglese che ci fa pensare a “dare una bella rinfrescata”.
Per questo revamping è necessaria una pianificazione preventiva della migrazione verso hardware e software più moderno, similmente a come abbiamo visto per l’upgrade dei sistemi di monitoraggio.
Ma cosa significa migrare un sistema d’automazione? Fino a che punto è necessario spingere questa migrazione? Dipende da diversi fattori, comunque sia anche il solo semplice passare da un PLC vecchio a un controllore moderno dello stesso fornitore non è un’operazione indolore, infatti con il plc è necessario come minimo migrare anche il software o riscriverlo totalmente.
Nei prossimi paragrafi vediamo cosa implica migrare i controllori e cosa significa invece fare un upgrade completo del sistema.
Migrazione dei sistemi PLC.
In parole semplici, migrare un plc significa sostituirlo con un modello più nuovo e convertire il software attraverso un tool automatico, generalmente fornito dal produttore del PLC stesso.
Durante una migrazione, l’obbiettivo è cercare di preservare il più possibile l’esistente, inteso come collegamenti elettrici tra moduli dei plc e morsettiere, e collegamenti con le reti e i bus di campo.
Durante una migrazione, il software del plc viene elaborato e tradotto da un programma, il quale lo rende utilizzabile sulla nuova CPU.
Questo è il modo più veloce di effettuare il passaggio, tuttavia i risultati di queste operazioni automatiche richiedono spesso un aggiustamento da parte dei programmatori; e detto tra me e voi, è sempre consigliabile verificare l’intero nuovo software, onde ritrovarsi davanti a eventuali inconvenienti quando il sistema torna in marcia sulla nuova unità centrale.
La migrazione del plc richiede un tempo minore rispetto a quello impiegato per un upgrade completo, e dato che con questa operazione si lasciano parecchie parti del sistema intatte, per i tecnici che ci lavorano nulla o quasi cambia.
Upgrading completo dei sistemi PLC.
Siccome il processo di rinnovamento completo del sistema comprende un maggior numero di compiti, il revamping richiede sicuramente più tempo, così come un’attenta pianificazione.
I vantaggi dell’upgrade di questo tipo sono diversi, per esempio possiamo modificare il sistema di controllo e monitoraggio per andare in contro alle linee guida dell’industria 4.0, parliamo per cui di integrazione non solo delle diverse aree della fabbrica ma anche dei sistemi con le reti di livello superiore, fino ad arrivare al web; questo processo include anche l’integrazione con l’IIOT, industrial internet of things.
Approfittando delle operazioni di modernizzazione, è possibile ridisegnare alcune parti dell’automazione, così come sostituire delle apparecchiature che possono anche essere collegate al controllore in modo diverso.
Dal punto di vista del software, l’upgrade implica la riscrittura completa dello stesso, in questa fase si può trarre vantaggio dalle nuove funzioni che i plc offrono, per scrivere parti di codice in maniera più funzionale e moderna.
I nuovi plc permettono di gestire dati strutturati complessi e un accesso alla memoria simbolico, se nel vecchio plc queste possibilità non c’erano; durante l’upgrade si può approfittare per imparare a sfruttarle.
Chiaramente per effettuare un upgrade, possiamo riscrivere il programma per la nuova cpu e testarlo mentre l’impianto funziona ancora con il vecchio controllore; quando tutto funzionerà sulla nuova cpu la si sostituirà all’originale.
L’upgrade dei plc può essere accompagnato dall’upgrade dei sistemi di supervisione, perciò potremmo prima lavorare al software del plc, poi al nuovo sistema di supervisione, così li si potrà testare insieme prima di utilizzarli sull’impianto.
L’upgrade completo richiede solitamente anche una formazione del personale che deve operare con il nuovo sistema; questo comporta sicuramente anche un costo, oltre che delle ore di lavoro.
Conclusioni: meglio migrare il plc o passare a un nuovo sistema?
Le considerazioni che abbiamo fatto sono una valida guida per chi deve decidere in che modo migliorare il proprio sistema d’automazione. Se da un lato la migrazione richiede uno sforzo minore nel breve termine, bisogna chiedersi se ne vale la pena, dato che solitamente questa diventa un “rimandare” l’upgrade a un altro momento.
L’upgrade completo richiede uno sforzo maggiore, tuttavia a lungo termine si rivela la strategia migliore.